conosci i tuoi collaboratori?

Conosci i tuoi collaboratori, caro farmacista titolare? Una volta un titolare mi raffigurò uno dei suoi collaboratori come un tipo davvero strano: corretto, competente e puntuale, ma sembrava avesse una maschera al cospetto di clienti e colleghi. Non un’emozione, non un’espressione, non un’esternazione! Gli chiesi se gli avesse mai domandato quali fossero le sue ambizioni, i suoi obiettivi, cosa gli piacesse fare nella vita, anche al di là del lavoro. La risposta fu un punto di domanda: “Perché è così importante?”.

A volte facciamo finta di dimenticare che vita e lavoro non sono ambiti distinti; come pure anche a noi stessi ripetiamo che i problemi personali devono essere lasciati fuori la porta della farmacia. Purtroppo si tratta di due idee a cui, in buona fede, ci fa comodo credere ma che la realtà e il buon senso contraddicono in pieno. Il lavoro è una componente della vita, per cui non si può dire che si vive per lavorare e neppure che si lavora per vivere; per di più i problemi personali, ma anche i successi, muovono le nostre emozioni che attraversano trasversalmente la nostra esistenza, la quale non può essere vissuta a compartimenti stagni. Hai mai visto una persona litigare a casa col partner e venire al lavoro indifferente, se non addirittura serena?

Cosa si arriva a pensare dei propri collaboratori

In un’altra occasione visitai la farmacia di un rappresentante di categoria di un capoluogo regionale. Quando gli parlai dell’importanza delle risorse umane egli subito annuì, condividendo il mio pensiero. All’improvviso si alzò dalla sua scrivania e mi invitò a conoscere i suoi collaboratori. “Venga dottore, che glieli presento tutti -mi disse avvicinandosi al banco-. Lei è la dottoressa XXX; lui è il dottor YYY; lei… non è laureata”. Sì, avete letto bene: per tutti mi aveva anticipato nome e cognome e quando siamo arrivati alla commessa si è espresso con un semplice “Lei non è laureata”! Secondo te come si sentiva trattata questo soggetto in quell’ambiente?

Ma i guai non terminano certamente qua. Nella maggior parte dei casi, infatti, mi ritrovo di fronte a titolari che, pur assolutamente giudiziosi, non conoscono i propri collaboratori, i loro atteggiamenti, i loro talenti, le loro motivazioni.

Occorre la sfera di cristallo per materializzare simili informazioni sui componenti il proprio gruppo di lavoro? No! È sufficiente il tuo intuito e la sicurezza di conoscere bene chi lavora da tempo per te per trarre le necessarie considerazioni e valutazioni? No! E il tuo livello di autostima non deve renderti sordo al fatto che la pazienza e gli strumenti giusti sono necessari per ogni analisi…

Come conoscere i propri collaboratori

Per rispondere all’interrogativo “conosci i tuoi collaboratori?” potresti incominciare, ad esempio, creando un dialogo di livello superiore all’attuale (qualsiasi sia la qualità del rapporto ad oggi). Come? Ricercando interessi comuni con ciascuno dei tuoi collaboratori. È nella natura umana valutare immediatamente chi ci sta di fronte e se l’emozione più importante che caratterizza l’essere umano è la paura (i nostri progenitori grazie ad essa si sono difesi dalle insidie ambientali: fuoco, palafitte, armi e la stessa vita sociale nelle tribù ne sono la diretta conseguenza), così radicata nella parte più arcaica del nostro cervello, probabilmente dovrai lavorare per “demolire” quella parte in eccesso o letteralmente infondata che qualche tuo atteggiamento, anche nel passato, ha contribuito a creare nella testa di chi è in rapporto con te.

Come fare? Per l’appunto ricercando gli interessi comuni. In realtà chiediti se l’impressione che dai di te stesso corrisponde alle aspettative degli altri nei tuoi confronti. A noi piace chi è come noi e, pertanto, quando intavoli un dialogo cerca di non essere formale o scontato; fornisci la tua opinione, non per affermarla a tutti i costi bensì per trovare l’occasione di chiedere cosa ne pensino gli altri. Puoi anche fare domande per farti raccontare esperienze e storie personali: ognuno di noi ne ha in serbo qualcuna e sarà sorprendente notare quanto gli altri si sentiranno a proprio agio se solo tu ti metterai in ascolto e ne darai, così, l’occasione. Ma, soprattutto, ricordati che un dialogo ha l’obiettivo di mettere a proprio agio chi ti sta di fronte, non di giudicarlo!

Conclusioni

Gli altri sono la vostra risorsa principale (Nicholas Boothman). Prenderti sinceramente cura delle persone è sempre conveniente, perché lo possiamo constatare sulla nostra pelle quando riceviamo un’attenzione, quando qualcuno si prende cura di noi, quando abbiamo bisogno di un punto d’appoggio. È comodo pensare che durante il lavoro gli individui siano sempre al massimo dell’efficienza, al meglio delle loro facoltà, in una condizione emotiva ideale: purtroppo (o per fortuna!) non siamo macchine e se abbiamo strane idee in proposito è bene cancellarle immediatamente, pena il vivere con una costante vena di insoddisfazione verso gli altri. E allora, dall’interrogativo all’esclamazione: conosci i tuoi collaboratori!

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