che fine hanno fatto gli utili della farmacia?
Per rispondere alla domanda: “Che fine hanno fatto gli utili della farmacia?” occorre fare una premessa essenziale.
In un precedente mio scritto sul controllo di gestione, e nei miei corsi relativi, c’è una parte che ho intitolato: “Dimmi che patrimonio hai e ti dirò chi sei”.
Non è presunzione, la mia, e neppure chiaroveggenza, ma qualcosa che il tuo commercialista conosce benissimo e che attiene alla diffusissima abitudine di prelevare tutti gli utili prodotti annualmente, con una conseguente scarsa capitalizzazione dell’azienda, limitata il più delle volte al conferimento fatto all’inizio dell’attività: in una parola, briciole!
Capitalizzare l’azienda
Capitalizzazione dell’azienda significa, in buona sostanza, l’ammontare dei capitali conferiti e degli utili non prelevati negli anni dal titolare che, pertanto, vanno a finanziare gli investimenti, i crediti e il magazzino della farmacia. Se ad essi non ci pensa una buona capitalizzazione, vi provvederanno matematicamente i capitali di terzi, cioè quei debiti crescenti di cui abbiamo appena parlato nelle pagine precedenti.
“Dimmi che patrimonio hai e ti dirò chi sei” significa, così, che per quantità complessiva del suo ammontare e per consistenza delle singole voci che lo compongono, il bilancio della farmacia tradisce i comportamenti spesso superficiali del suo titolare, rappresentando una traccia indelebile delle sue abitudini.
I prelievi personali dal cassetto della farmacia
Se mensilmente sei solito prelevare dalla gestione una certa somma di denaro per le esigenze familiari, la cosa è assolutamente legittima e normale, fintantoché tale prelievo si parametrizza alla variabilità degli utili prodotti annualmente dalla farmacia. Nella realtà, purtroppo, ho visto spesso un approccio contrario, parametrizzandosi i prelievi alle necessità (fisse) del titolare. Sai, allora, perché è importante conoscere che fine hanno fatto gli utili della farmacia.
La conseguenza sta scritta sempre nel bilancio. Prendi il raggruppamento dei crediti nello stato patrimoniale (ne parleremo brevemente più innanzi, altrimenti fattelo indicare dal commercialista) e nota se vi trovi una voce che suona pressappoco così: “Crediti verso il titolare”, ovvero “Titolare conto prelievi”.
Ne leggi la cifra corrispondente? Bene, accomodati pure comodamente in poltrona così da avere il giusto supporto in caso di mancamento: a meno di operazioni in queste righe non prevedibili, quella somma è pari alla differenza tra i tuoi prelievi, negli anni, e gli utili corrispondenti. Ti posso garantire, per quella che è la mia esperienza, di aver letto anche importi corrispondenti a diverse centinaia di migliaia di euro…
La confusione di un titolare
Un’aggravante di tale fenomeno è la grande confusione che il titolare fa tra il denaro del cassetto e il denaro personale: si tratta di soldi “tuoi”, ma che devono vivere separatamente il più possibile, come due tasche del medesimo pantalone. Contrasta l’abitudine di metter le mani ovunque stia del denaro. Un’abitudine, se non contrastata, presto diventa una necessità (Sant’Agostino).
In psicologia viene definita “adattamento edonistico”: l’abitudine è il nemico numero uno della felicità; infatti, inizialmente si prova più piacere nel comportarsi in una certa maniera a causa della liberazione di endorfine cerebrali, dopodiché si sviluppa l’assuefazione, come avviene con l’assunzione di alcool o con il vizio del gioco d’azzardo.
E poi, rammenta che i soldi del cassetto non sono davvero i tuoi o, prima di esserlo, appartengono ai tuoi fornitori, alle tue banche, ai tuoi dipendenti e allo Stato (e a tua moglie, se sei un maschietto come me!). E guai a toccarli prima… Deposita il malloppo interamente sul conto corrente aziendale e ne trarrai beneficio anche sul piano dei controlli fiscali.
Gli oneri figurativi
Per rendere il mio farmacista edotto delle conseguenze del suo comportamento, utilizzo la rappresentazione degli “oneri figurativi”. Bada bene, non sono una mia invenzione, ma una classificazione della dottrina ragioneristica che ci aiutano a scoprire che fine hanno fatto gli utili della farmacia.
Ho già accennato, parlando in uno dei capitoli precedenti, dei costi cosiddetti “figurativi”. Mi ripeto dicendo che si riferiscono agli emolumenti direzionali per il lavoro da te svolto (devi includere anche l’imposizione fiscale e la contribuzione previdenziale) e ai mancati introiti sul capitale proprio investito nell’attività e per la concessione in uso gratuito di locali attigui alla farmacia, a favore di medici.
Si chiamano così in quanto non appaiono in bilancio e, per ciò che concerne il tuo emolumento, sono inclusi tra gli utili; ma siccome anche questi ultimi, ti ho già detto altrove, contengono una componente “stipendiale” per il lavoro svolto e una “imprenditoriale” per il rischio economico sostenuto, in prima approssimazione sono solito prendere i tuoi prelievi mensili a fini personali e includerli tra i costi fissi. E se tali prelievi sono a fine anno superiori agli utili… ben ti sta, nel senso che comincerai ad accorgerti che sei tu a costare troppo per la tua farmacia!
Un calcolo veloce
Al termine di questo calcolo gli oneri figurativi possono rappresentare una percentuale interessante rispetto ai ricavi di vendita. Seppur col beneficio d’inventario, per le numerose osservazioni fatte “sul campo” credo di non discostarmi molto dal vero se ti parlo attualmente (siamo nel 2012) di un 6-10% dei ricavi di vendita complessivi (netto IVA), per una farmacia di medie dimensioni (1.200-2.000.000 di ricavi di vendita).
E se consideriamo che gli altri costi fissi, quelli prelevati dal conto economico, ammontano ad almeno un altro 15%, il gioco è presto fatto per capire che ci sono settori come l’etico che ad oggi non ce la stanno facendo più a sostenere le spese strutturali e ti stanno “chiedendo” di risparmiare.
Il tuo conto economico
Come ho già avuto modo di dire gli oneri figurativi, a differenza delle altre spese a carattere generale, sono direttamente e totalmente dipendenti dalle tue scelte (mentre la luce, il telefono, il personale necessario, le locazioni, gli ammortamenti dei beni strumentali,… sono meno modulabili e gestibili, almeno nel breve periodo).
Allora mi ripeto: nelle valutazioni economiche devi sommare il costo del tuo emolumento complessivo e il valore di eventuali comodati d’uso agli altri costi fissi e generali, se vuoi avere una valutazione più oggettiva della redditività del capitale investito e del rischio d’impresa.
CONTO ECONOMICO AL NETTO DEGLI ONERI FIGURATIVI
RICAVI di vendita e da prestazioni | |
– |
COSTI VARIABILI |
(+/- Incremento/decremento scorte) | |
(+ Acquisti merce) | |
– |
COSTI FISSI |
(+ Servizi & godimento beni di terzi) | |
(+ Costo del lavoro) | |
(+ Ammortamenti e svalutazioni) | |
(+ Oneri diversi di gestione) | |
(+ Proventi e oneri finanziari) | |
(+/- Proventi e oneri straordinari) | |
– |
Oneri figurativi |
(+ Compensi prestazioni lavorative titolare) | |
(+ Comodato d’uso di locali) | |
(+ Interessi sul capitale proprio investito in farmacia) | |
= |
REDDITO LORDO |
Bene, siamo giunti al termine e possiamo finalmente dare una risposta assennata al quesito: “Che fine hanno fatto gli utili della farmacia?”. Dunque, adesso tocca a te…
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