prevenire è meglio che curare: il mito dei sondaggi d’opinione

Perché un titolo del genere: “Prevenire è meglio che curare: il mito dei sondaggi d’opinione”?
Ci sono molti modi per andare avanti, ma un solo modo per restare fermi (Franklin Delano Roosevelt).
Raccogliere i punti di vista altrui
Sei d’accordo col titolo? Solo che questa volta non parliamo dei tuoi pazienti, bensì della tua farmacia e di come essa è percepita dall’esterno. I sondaggi d’opinione a questo servono: raccogliere i punti di vista altrui, soggettivi ma potenzialmente ricchi di idee e spunti da prendere eventualmente in considerazione. E siccome non devi chiamare un esperto nazionale e un acclamato statistico, non trovare la scusa che queste cose o si fanno bene o niente. Non raccontarti neppure quelle storie secondo le quali queste cose riguardano le grandi aziende.
Sto semplicemente cercando di dirti che sapere cosa pensano quelli che pagano può essere un esercizio interessante (e fattibile in economia, rispettando qualche criterio). Capisco anche che conoscere l’opinione altrui può essere una “scoperta” non sempre gradita, ma ricorda: se egli non è soddisfatto di te lo andrà comunque a dire in giro. Il cliente scontento non resta in silenzio. Quindi rammenta che prevenire è meglio che curare: sfata il mito dei sondaggi d’opinione.
Semplici regole da rispettare
Nel rapporto costi-benefici raccogliere i punti di vista delle gente, per quanto soggettivo e attraverso un’attività realizzata “in casa”, può essere un’iniziativa interessante. Il mio amico Luca Collina mi raccomanda alcune semplici regole che aiutano a migliorare, e non di poco, l’efficacia di un sondaggio atto a rilevare le opinioni che ha di noi chi ci vede dall’esterno. Prim’ancora di proporti un mio personalissimo schema, egli le sintetizza così:
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le domande debbono emanare un vero interesse per le idee, opinioni, valutazioni ed esigenze del cliente, così da stabilire ancor più un rapporto relazionale con costui ottenendone il massimo della collaborazione. Ricordiamoci che il cliente è parte attiva nella ricerca di nuove idee, nella risoluzione di problemi, nella scoperta di opportunità. A tutto ciò debbono essere preparati tutti i collaboratori della farmacia, anche quando, com’è opportuno, la persona che si occuperà di interagire direttamente col pubblico sarà estranea al contesto lavorativo;
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le domande non devono permettere l’espressione di giudizi esplicitamente negativi: esprimere un giudizio di “scarso” o di “inaccettabile” va bene, perché apre la prospettiva verso il recupero di una situazione non gradita, ma consentire una semplice risposta “No” rafforza nella mente dell’intervistato, anche inconsciamente, quella negazione assoluta espressa, senza possibilità di appello;
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nel formulare le domande occorre chiedere giudizi, pareri e opinioni, ma subito dopo anche suggerimenti, stimolando i punti di vista altrimenti sottaciuti e l’intraprendenza dell’intervistato, coinvolgendolo come parte attiva di un processo di messa in discussione della farmacia e di possibile cambiamento;
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le domande devono essere formulate in modo da proiettare verso il futuro le persone: ciò che è stato fatto, nel bene o nel male, appartiene al passato. Non bisogna fare domande del tipo: “Questa iniziativa è piaciuta?”; vanno bene domande del tipo: “Quale iniziativa vi piacerebbe?”;
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le domande aperte presuppongono un coinvolgimento attivo dell’intervistato: “Lei pensa… ritiene… desidera… preferisce… considera… reputa…”. Sono verbalizzazioni estremamente positive e utili in tal senso. Attenzione solo ad essere chiari e specifici, onde evitare qualsivoglia fraintendimento;
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se possibile, inserire in un contesto temporale le risposte: “Da quando… da quanto tempo… entro quando… entro 2-3 mesi/settimane/anni…”. Tale dimensione è molto relativa e soggettiva nella mente di ciascuno, cosicché è utile definirla;
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le domande chiuse, le cui risposte si riepilogano in un “Si/No” o con un numero, sono utili per ottenere informazioni rapide e sintetiche, facilmente classificabili, ma non incoraggiano l’espressione del punto di vista del soggetto. Quindi, attenzione nell’utilizzarle, perché l’intervistato potrebbe essere indotto a pensare risposte diverse o a risposte più sfumate (c’è la possibilità della risposta “Forse”?) non previste nella domanda a risposta “secca”;
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lasciare spazi in bianco da compilare a cura dell’individuo è pericoloso e per due motivi: per la variabilità inattesa delle possibili risposte, che può inficiare la stessa attendibilità del risultato, o per l’impressione, anche infondata, di non sapere cos’altro prevedere tra le possibili risposte. Se, invece, si ha la necessità di avere un’idea specifica e non un giudizio da parte del soggetto coinvolto, allora può essere utile prevedere uno “spazio in bianco” sul foglio. E il tutto da collocare al meglio tra le ultime domande del questionario;
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ogniqualvolta si sente il bisogno di targettizzare il campione degli intervistati (ad esempio le giovani mamme che acquistano prodotti per l’infanzia) ciò va fatto assolutamente, per evitare distorsioni nei risultati statistici e spreco di tempo per la necessità, talvolta, di dover allargare il campione delle interviste, se lasciato esclusivamente al caso;
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occorre sempre chiarire il motivo dell’intervista, le finalità dell’indagine e i vantaggi che possono ricadere sulla clientela. Ringraziare al termine di ogni compilazione è d’obbligo, il lettore mi scusi per la sottolineatura, per evitare che si possa essere additati come coloro i quali sfruttano il tempo e le idee altrui. Purtroppo talvolta bisogna pensare anche a queste sottigliezze;
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nell’ipotesi (per la verità dovrà essere molto rara) di un questionario lasciato nelle mani dell’intervistato, si deve imporre una data entro la quale lo stesso va restituito compilato. Enfatizzare il contributo che la persona fornirà alla collettività nel miglioramento delle relazioni e dell’offerta di prodotti/servizi da parte della farmacia, può essere un buon approccio per tale richiesta;
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è possibile incentivare le risposte concedendo piccoli gadget che siano significativi rispetto agli obiettivi che si pone il sondaggio. Vanno differenziati per tipo di pubblico target e, nella rara ipotesi della concessione di sconti, non devono essere generici, piuttosto funzionali a uno scopo etico (sconti per la famiglia, per la cura di…, per il bebè,…);
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è necessario condividere sempre i risultati del sondaggio. Video, locandine,… ma non bisogna usare il web: è spersonalizzante e, in più, tale mezzo serve per connettere le persone, non per fare pubblicità. Si possono rilasciare un po’ per volta, nel tempo, i vari risultati, affinché essi possano essere meglio ricordati dai clienti. È possibile anche utilizzarli quando vengono promossi o venduti i prodotti specifici richiamati eventualmente nel sondaggio. Si possono, infine, allegare gli stessi dati a supporto dei prodotti/servizi, e così rassicurare la clientela circa la spesa fatta.
Prevenire è meglio che curare: sfata il mito dei sondaggi d’opinione. Buon lavoro!
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